Flora e fauna nei siti: EMERGENZE E MINACCE

Il percorso comincia a Biella in direzione sud-ovest (prima tappa: Biella-Ivrea), procedendo lungo un’area di dorsali moreniche e peculiarità geologiche ben rappresentate dalle ZSC attraversate: “La Bessa”, un’estesa area di origine artificiale (età romana) caratterizzata dalla presenza di cumuli di ciottoli arrotondati che raggiungono ragguardevoli altezze, e che sono stati ammassati durante le passate attività di estrazione delle pagliuzze d’oro contenute nei depositi di fiumi (torrente Elvo) e ghiacciai. L’ambiente è paleoripariale ove l’inizio del ciclo evolutivo verso la vegetazione forestale matura, prevalentemente a farnia e a rovere (9160), è datato a circa 2500 anni fa. Presenza di Pulsatilla montana, Nardurus halleri e Epipedium alpinum (specie orientale che qui raggiunge l’estremo limite ovest del suo areale), Ephippiger vicheti (limite occidentale della diffusione), Itoplectis clavicornis (unica stazione italiana), Bembidion latiplaga e Tachis fulvicollis (unica stazione regionale); “Serra di Ivrea”, uno dei migliori esempi a livello europeo di cordone morenico in gran parte ricoperto da boschi di latifoglie con formazioni a cerreta attualmente in regressione (9160), la vegetazione è di tipo nemorale; e “Laghi di Ivrea”, formatisi al termine dell’ultima glaciazione. La profondità media è elevata ma con alcune zone marginali basse e con vegetazione palustre (particolarmente al L. Pistono) con specie rare. Tra i rilievi rocciosi si trovano anche varie tipologie di zone umide derivate dall’interramento di antichi laghi.

Esempio molto particolare è il cosiddetto “lago ballante” o “terre ballerine”, un’area torbosa di alcuni metri di spessore, boscata e parzialmente impaludata, risultante dal processo di interramento dell’antico Lago Coniglio. Vegetazione termofila sulle rocce montonate. Rhamnus alaternus (unica stazione piemontese) è presente su piccoli affioramenti calcarei al Castello di Montalto. Numerose le specie rare quali Melitaea britomartis, presente nel Nord Italia solo qui e in Friuli (estinta altrove) e Pygoxyon obesum (seconda località in Piemonte). Importanti popolazioni, riproduttrici, di anfibi nelle zone palustri di piccole dimensioni. Nella seconda tappa (Ivrea-Cuorgné), il percorso lambisce quattro ZSC; alla destra dei cicilisti si incontrano: “Laghi di Meugliano e Alice”, posti sulla morena laterale destra dell’anfiteatro morenico di Ivrea, presso l’imbocco della Val Chiusella. Gli ambienti più interessanti sono quelli lacustri, di torbiera e i lembi di boschi di latifoglie igrofile (91E0), limitrofi al lago e alla torbiera di Alice. Presenti specie floristiche acquatiche rare quali Menyanthes trifoliata (in totale regressione nelle zone di pianura). Da segnalare specie in regressione quali Triturus carnifex; “Monti Pelati e Torre Cives” (Riserva Naturale Speciale), un rilievo isolato ai piedi della montagna con vegetazione subatlantica ad infiltrazioni termofile. Il paesaggio lunare dei Monti Pelati presenta formazioni boschive naturaliformi nella porzione sud (rivestono i piccoli impluvi affluenti del torrente Malesina) che corrispondono alle fasce arbustive riparie a salice bianco (91E0).

Come habitat prioritario si segnalano anche le brughiere (4030) di pendio con affioramenti rocciosi in corso di colonizzazione da parte della betulla e le praterie steppiche submediterranee a Bromus erectus (6210). I Monti Pelati si collocano al centro di un’isola climatica caratterizzata, rispetto al territorio circostante, da temperature più miti (mediamente superiori di 4 o 5 gradi rispetto alla zona circostante) e precipitazioni più abbondanti. Questo particolare microclima, insieme alla scarsa copertura vegetale, è ideale per la vita di specie animali poco diffuse, in particolare tra gli insetti: Pedasia luteella (rara farfalla), Phytoecia vulneris (una delle due stazioni piemontesi note). Alla sinistra del percorso troviamo: “Boschi e Paludi di Bellavista”, modesti rilievi collinari di origine morenica dalla morfologia irregolare (all’interno dell’anfiteatro morenico di Ivrea), in gran parte ricoperti da boschi di latifoglie (9260 – castagneti che da tempo hanno sostituito gli originari querceti di rovere – 9160 – oggi ridotti a piccoli lembi sulle colline più umide e fresche) che ospitano al loro interno piccoli stagni e paludi (motivo di istituzione del sito).

Altro habitat da segnalare è la vegetazione sommersa e galleggiante dei laghi e degli stagni (3150) in cui è presente Hottonia palustris (bella primulacea acquatica in forte rarefazione per la scomparsa o compromissione degli habitat di acque ferme o lente); “Scarmagno – Torre Canavese (morena destra d’Ivrea)”, torbiere e stagni intermorenici, con vegetazione igrofila di buon interesse, e una piccola grotta (situati sulla morena laterale destra dell’anfiteatro morenico di Ivrea). I boschi sono costituiti in prevalenza da boschi cedui di castagno (9260 – in corso di rinaturalizzazione per invasione di carpino bianco) e relitti di vegetazione planiziale (foresta di pianura) rappresentati da querceti a farnia (9160) nonché dal tiglio a grandi foglie. Si segnala anche un’associazione (91E0) di Alnus glutinosa e Populus alba che costituisce la fascia ripariale della Torbiera di San Giovanni e della piccola torbiera nei pressi di San Martino Canavese. Sono importanti le stazioni di Rhododendron ferrugineum a quote minime per il Piemonte, e la presenza di Bathysciola guerzoi (Coleottero endemico sotterraneo). La terza tappa (Cuorgnè-Avigliana) attraversa diverse aree protette: la Zona di salvaguardia del Sacro Monte di Belmonte adiacente all’omonima Riserva naturale speciale. Affioramenti di granito rosa si alternano a calanchi sabbiosi (detti sabbionere) e boschi costituiti soprattutto da querce, castagni e betulle; la “Riserva naturale orientata della Vauda” (ZSC – Vauda deriva dal germanico Wald, cioè bosco, in origine le “vaude” erano ricoperte dal bosco planiziale che venne poi quasi completamente eliminato dall’uomo per fare spazio al pascolo e, in misura minore, data la scarsa fertilità dei suoli, alle coltivazioni) che rappresenta la più ampia area di brughiera pedemontana (4030) costituita prevalentemente da brugo (Calluna vulgaris) e Molinia arundinacea (sostituita, laddove gli incendi sono più frequenti, da estese formazioni di Pteridium aquilinum) e caratterizzata da una scarsa copertura arborea a farnia, betulle e pioppi tremoli; esse sono un ambiente particolarmente ricco di animali (l’elevata biodiversità è giustificata non tanto dalla presenza di specie esclusive di questo ambiente, quanto dal fatto che qui sono sopravvissute popolazioni scomparse da gran parte della restante pianura piemontese): Podarcis sicula campestris (frequente nelle regioni peninsulari e nelle isole, ma a rischio di estinzione in Piemonte), Triturus carnifex e T. vulgaris meridionalis (che utilizzano per la riproduzione piccole pozze che si formano, nei periodi piovosi, nelle depressioni createsi dallo scoppio dei proiettili nei poligoni di tiro). Nell’area sono state osservate circa 150 specie di uccelli; quasi la metà sono nidificanti e sei in All.I Dir. Uccelli (Circus pygargus, Caprimulgus europaeus, Alcedo attui, Lanius collurio, Lanius minor e Emberiza hortulana).

Sono state censite 64 specie di coleotteri carabidi e 16 specie di coleotteri stercorari (Olisthopus rotundatus, in Piemonte noto solo nelle formazioni a brughiera, Agonum sordidum gridelli, di cui la Vauda risulta la località più settentrionale di distribuzione, Carabus monticola, e Binaghites affinis, specie che presenta un areale disgiunto forse per la scomparsa della copertura forestale della pianura in epoche storiche). Il popolamento di farfalle conta 63 specie, alcune delle quali rare (Maculinea alcon e Lycaena dispar); la “Stura di Lanzo”, area fluviale con greti popolati a Myricaria germanica (rarissima in pianura e forse scomparsa dopo le alluvioni del 1994). Con gli eventi di piena, a causa dell’abbassamento dell’alveo dovuta all’intensa erosione, sono emerse dal greto, poco a monte del ponte tra Robassomero e Cirié, le tracce di una foresta fossile risalente a circa 3 milioni di anni fa (tronchi fossili di Glyptostrobus europaeus e residui vegetali con Alnus sp. pl. più altre caducifoglie temperate miste a qualche genere di sempreverdi di clima più caldo oltrechè specie erbacee di numerosi generi in buona parte ancora esistenti in Europa attribuibili ad antiche zone paludose tra Villanova C.se e Robassomero).

Le aree forestali presentano molti elementi (specialmente negli strati inferiori) del bosco planiziale padano con alcune specie molto rare; è presente un alneto (91E0 – a sud di Grange di Nole, in area di risorgiva), probabilmente la zona di maggiore interesse naturalistico per la presenza di specie botaniche e zoologiche rare legate ad ambienti palustri e di risorgiva con acque fredde (Austropotamobius pallipes, Lethenteron zanandreai – specie endemica della pianura padano-veneta, Matteuccia struthiopteris e Montia fontana, nota in poche stazioni piemontesi, Triturus carnifex – habitat ideale sono le numerose zone umide create anche grazie all’attività di scavo della ghiaia). È stata recentemente scoperta una nuova specie di mollusco freaticolo (che vive all’interno dei sedimenti).

La ZSC è infine l’unica stazione (nuova) piemontese di Carex hartmanii, il Parco della Mandria (ZSC), il più esteso lembo di foresta planiziale dell’alta pianura piemontese dell’alleanza Carpinion a farnia dominante, rovere, raro cerro, betulla, frassino, tiglio cordato, ciliegio selvatico, che si sviluppa in gran parte su terrazzi alluvionali Wurmiani. La fauna forestale è ben rappresentata con key species o rare quali: Martora, Barbastello, Astore, Picchio nero, Osmoderma eremita, Calosoma inquisitor (unica stazione in Piemonte). Nella Reggia di Venaria sono presenti colonie riproduttive di Myotis myotis, Myotis Blythii e Myotis emarginatus (pipistrelli). Nelle zone umide è presente Emys orbicularis (attualmente minacciata dalla frammentazione delle popolazioni e dalla presenza di testuggini alloctone).

Sono presenti garzaie di Airone cenerino e Cormorano. Sono di interesse anche le brughiere relittuali a Molinia arundinacea con betulla e alcune farfalle rare (Satyrium pruni – forse il ropalocero più minacciato in Italia, Lopingia achine, Apatura ilia, Neptis rivularis) e protette (Eriogaster catax, Calliomorpha quadripunctaria, Lycaena dispar, Cenonimpha oedippus – strettamente legata alle zone di brughiera e a rischio di estinzione), Maculinea teleius; il “Monte Musiné e Laghi di Caselette” (comprende interamente il Monte Musinè, i laghi di Caselette ed un’area disgiunta, collocata poco distante in direzione nord-est, costituita dal Lago Borgarino e aree limitrofe). Il Musiné si affaccia direttamente sulla piana alluvionale torinese. I suoi versanti meridionale (clima caldo ed arido) e orientale sono la più importante “oasi xerotermica” del Piemonte con due delle pochissime stazioni piemontesi di Cladium mariscus (7210) collocate nella palude di San Grato e nei pressi della località Truc di Brione, ove sono a contatto con aree a torbiera bassa alcalina (7230 – con Schoenus nigricans) e praterie secche a Brumus erectus (6210). Sui bassi versanti, esposti a nord ed est, si estendono i prati da sfalcio di bassa quota (6510), legati alle pratiche agricole tradizionali (fino ad alcuni decenni fa diffuse su grandi superfici della pianura e dei fondivalle alpini ma oggi in netta regressione a causa dell’abbandono).

Su modeste superfici lungo gli impluvi, i rii e in aree pianeggianti a lento drenaggio, ad una quota inferiore ai 500 m, si riscontrano i querco-carpineti (9160), mentre lungo la sponda meridionale del Lago Borgarino si estende un piccolo bosco alluvionale di Alnus glutinosa (91E0). Nella fascia circostante la palude, si riscontrano ambienti di brughiera (4030), ed estesi prati umidi a Molinia caerulea (6410), spesso interessati dal pascolamento, in cui la falda può affiorare nel periodo primaverile o autunnale.

Si segnalano le cenosi acquatiche di vegetazione sommersa e galleggiante (3150) dei tre piccoli bacini lacustri di Caselette e Borgarino. È da sottolineare che nel contesto regionale forse nessun altro biotopo ospita un così elevato numero di specie protette (ben 30 tra cui Emys orbicularis, specie assai rara in regione e pressoché estinta in provincia di Torino che fa ipotizzare la presenza di una popolazione in uno dei laghi di Caselette, una ricchissima fauna ad insetti: Maculinea telejus, una delle pochissime popolazioni italiane; Aeshna isosceles, Ceriagrion tenellum, Cordulegaster bidentata e Somatochlora flavo maculata, libellule di particolare interesse in quanto rare in regione; Lucanus cervus e Cerambyx cerdo, Coleotteri la cui distribuzione è strettamente legata a quella delle querce; Phytoecia vulneris, noto in Piemonte solo qui e ai Monti Pelati di Baldissero; Austropotamobius pallipes, unico decapode autoctono vivente in Piemonte); i “Laghi di Avigliana”, 2 bacini lacustri di origine glaciale circondati da un’area palustre e da rilievi di origine morenica, all’imbocco della Val Susa, ai margini della pianura torinese.

Di particolare interesse la Palude dei Mareschi (Stethophyma grossum e Stenobothrodes rubicundulus sono grilli finora noti in Piemonte solo nella Palude dei Mareschi, Lycaena dispar tipicamente legata alle paludi e alle zone umide), bonificata e alterata per l’estrazione della torba già a partire dagli inizi del secolo scorso che ospitava in passato molte specie e cenosi rare, successivamente non più confermate. Si segnala Aplexa hyphnorum, assai rara e in via di estinzione in Italia. Sono presenti gli alneti di ontano nero e/o i saliceti di salice bianco (91E0). Lungo le sponde occidentali del Lago Piccolo si trova un esteso nucleo di querco-carpineto (9160). Procedendo verso Pinerolo si attraversa il Parco naturale Orsiera – Rocciavrè (ZSC), ampia area montuosa alpina che interessa i piani montano, subalpino e alpino e comprende parte dell’alta Val Sangone e parte della dorsale che separa la Valle di Susa dalla Val Chisone, ottimo esempio di ambiente alpino pressoché intatto con presenza di aree forestali sia di conifere che di latifoglie (9420, 9110, 9130, 9180, 9430, 9410). Sono importanti, nel contesto regionale, il bosco di Abies alba (raro nelle Alpi Occidentali piemontesi, sito in località Sapei) e una fustaia pura di pino silvestre, nel comune di Fenestrelle (iscritta al Libro Nazionale dei Boschi da Seme e considerata di primaria importanza a livello regionale e nazionale). Le praterie alpine e subalpine (6170, 6230) si trovano nelle zone d’alta quota e si alternano agli habitat rocciosi (8110, 8120, 8220). L’evento di maggior rilievo è la ricomparsa di Canis lupus negli anni ’90 (in seguito al recente ampliamento dell’areale italiano della specie). È presente anche un importante sito riproduttivo di anfibi (“Paradis d’le Rane”, dove si riproducono Rana temporaria e Bufo bufo, qui presente ad una quota elevata per la specie). Numerose sono le specie endemiche delle Alpi Occidentali (Carabus cychroides e Carabus cenisius fenestrellanus presentano ambedue un ridottissimo areale di distribuzione; i rarissimi Rhytirhinus impressicollis jarrigei ed Apion obtusum di cui il territorio del Parco è uno dei pochissimi habitat noti; Coleophora algidella segnalato per l’Italia solo al Colle delle Finestre e la nuova specie C. retrodentella, conosciuta solo in poche altre località delle Alpi Cozie italiane e francesi). Rilevanza del sito per quanto riguarda l’avifauna. Il percorso si snoda nelle vicinanze della ZSC “Val Troncea” (ZPS e Parco naturale), caratterizzata dall’azione di fenomeni erosivo-gravitativi, tutt’ora incorso, sulla preesistente morfologia glaciale. Due sono gli habitat di zona umida prioritari (7240 –  localizzato in maniera puntiforme soprattutto nel vallone di Massello – e 7220 – rocce localizzate sul basso versante in destra idrografica della Val Troncea in cui la presenza di colonie di muschi specializzati, Cratoneuron commutatum e Drepanocladus revolvens, favorisce la precipitazione del carbonato di calcio e dunque la formazione di concrezioni calcaree che incrostano la roccia e i muschi stessi); in corrispondenza del Monte Banchetta sono presenti due tipici ambienti del piano alpino e subalpino (8210 e 8120). Nei pressi di Inverso Laval, ai bordi di un’antichissima frana, si trova un bosco di Pinus uncinata (9430 – molto ben conservato e composto da individui di età comprese tra 120 e 300 anni) che, insieme ai lariceti localizzati nei pressi di Pragelato, risulta iscritto nel Libro Nazionale dei Boschi da Seme. Sono altresì localizzate le faggete acidofile (9110), presenti solo sulle basse pendici della Vallone di Massello (dove, nel 1987, è stato promosso un progetto di reintroduzione di Capra ibex, grazie al quale si è costituita una colonia in costante incremento.

Questa popolazione rappresenta un importante punto di irraggiamento per la specie in questo settore dell’arco alpino, in considerazione anche del passaggio già documentato di animali dalla zona del Barant, in Val Pellice, verso la Val Germanasca e dell’imminente massiccia reintroduzione promossa in Francia nel limitrofo Parco del Queyras). Si segnala anche Canis lupus. I greti del Torrente Chisone e dei suoi affluenti ospitano vegetazione arbustiva riparia e di greto (3240) e vegetazione erbacea (3220). In località La Plà, invece, all’interno di un rodoreto umido a Vaccinium spp., si localizza una cenosi di farfalle altamente minacciate in tutta la zona alpina (Albulina optilete, Aricia nicias, Colias palaeno, Parnassius phoebus). È stata rilevata la presenza del grillo Stenobothrodes cotticus endemico delle Alpi Cozie. L’ultima tappa della settimana si sviluppa nella città di Torino attraverso la ZPS “Meisino (confluenza Po – Stura)”, bacino artificiale e area a pioppeto su un isolone presso un’area industriale dismessa e zona a parco pubblico urbano (in orografica destra), lungo un tratto fluviale in corrispondenza della confluenza Po-Stura. Il sito si estende sia lungo la Stura (dove si trovano lembi di canneto e piccole lanche con vegetazione ripariale, oltre ad ampie zone di ghiaione colonizzate da saliceti ripari) fino al Ponte Ferdinando di Savoia, e sia lungo il Po, all’incirca dalla confluenza con la Dora Riparia fino quasi al ponte Vittorio Emanuele di San Mauro.

Le aree più naturali sono relegate nelle zone meno accessibili. Le sponde dei due fiumi sono bordate da ristrette fasce di boschi ripari mentre nell’area dell’ex galoppatoio militare, cintata e attualmente abbandonata, si è conservato un ultimo lembo di bosco planiziale. L’importanza del sito è legata essenzialmente all’avifauna che lo frequenta: vi sono grossi contingenti di anatidi svernanti, a monte del bacino artificiale è presente un roost di diverse centinaia di cormorani, mentre l’isolone Bertolla ospita una grossa garzaia. Il percorso lambisce anche la ZSC “Collina di Superga” (Parco naturale) che occupa una porzione del sistema collinare del Po posto a ridosso della città. Sono due (9180, 91E0) gli ambienti prioritari. Le condizioni microclimatiche particolari dei versanti più freddi permettono l’eccezionale permanenza di alcune specie montane quali Fagus sylvatica, Sorbus aria, Vaccinium myrtillus, Daphne mezereum (rimaste in stazioni relitte e disgiunte dall’areale principale).

Querceti di rovere a Physospermum cornubiense sono sostituiti localmente da castagneti o da robinieti (creati o favoriti da scelte e interventi pregressi o recenti dell’uomo). È interessante notare che sulla Collina di Torino sono presenti naturalmente tutte le specie di querce piemontesi (Quercus robur, Q. petraea, Q. pubescens, Q. cerris, oltre alla rara Q. crenata), ad esclusione del leccio (Quercus ilex – presente solo allo stato di specie naturalizzata), la Collina è caratterizzata da limitatissimi affioramenti litoidi di conglomerati colonizzati da specie vegetali caratteristiche di ambiente montano asciutto (Chrysopogon gryllus, Danthonia alpina, Minuartia laricifolia, Plantago serpentina, rarissime nel contesto collinare). L’importanza del sito è legata essenzialmente all’avifauna che lo frequenta: vi sono grossi contingenti di anatidi svernanti, a monte del bacino artificiale è  presente un roost di diverse centinaia di cormorani, mentre l’isolone Bertolla ospita una grossa garzaia.