Flora e fauna nei siti: EMERGENZE E MINACCE

FLORA E FAUNA NEI SITI: EMERGENZE E MINACCE

Torre Manfria, Biviere e Piana di Gela

Il percorso della prima tappa parte da Caltanissetta e termina nella piana alluvionale tra Licata e Gela, attraversando la zona di Torre Manfria e del Biviere. Le aree integre si riscontrano in poche e circoscritte zone, dove è ancora possibile ritrovare la flora tipica delle dune mediterranee (2210), e nel Biviere, una delle più importanti zone umide della Sicilia meridionale. Quest’area, pur essendo notevolmente condizionata dalla forte antropizzazione, assume un rilevante interesse naturalistico, in quanto vi si conservano diverse entità floristiche, alcune particolarmente rare in Sicilia. La flora vascolare di Torre Manfria consta di 479 specie, appartenenti a 65 famiglie: tra le tre principali troviamo Asteraceae, Fabaceae e Poaceae. Tra le specie endemiche criticamente minacciate segnaliamo l’Eliantemo dei Sicani (Helianthemum sicanorum), localizzato esclusivamente sui pendii marnosi sotto Torre Manfria. Si tratta di un endemismo di recente scoperta e vi è un’unica popolazione attualmente conosciuta costituita da circa 50 individui. La popolazione di Eliantemodei Sicani , purtroppo, è seriamente minacciata da incendi, frane e dalle discariche abusive. Altra specie endemica di interesse comunitario citata nella Direttiva 94/43/CEE è il Giacinto dal pennacchio di Gussone (Leopoldia gussonei, 2230). Questa pianta bulbosa predilige suoli sabbiosi ben consolidati di retroduna o dell’interno, ma la popolazione è fortemente minacciata dall’eccessiva urbanizzazione costiera ed è considerata a rischio estinzione e pertanto inserita anche nella lista delle specie protette dalla Convenzione di Berna. In queste zone vi sono altre geofite bulbose endemiche e piuttosto rare come Oncostema sicula e le Orchidaceae Ophrys oxyrrhynchos e Ophrys lunulata. Quest’ultima si riproduce per impollinazione entomofila, ad opera dell’imenottero apoideo Osmia kohli, anch’esso presente in Direttiva Habitat. Entrambe le specie sono minacciate da diversi fattori antropici tra cui l’impatto di deriva di diserbanti ed insetticidi

L’ambiente umido costituisce un biotopo di rilevante interesse per lo svernamento, la nidificazione e la sosta di diverse specie di avifauna, migratoria e stanziale, e assume un’importanza strategica per la conservazione su scala nazionale ed internazionale: il Golfo di Gela fa infatti da imbuto favorendo l’attraversamento dell’avifauna acquatica proveniente dal nord Africa, soprattutto nel periodo primaverile (solo tra febbraio e aprile gli Anatidi presenti sul golfo sono più di 45.000).

Tra le specie rare, di interesse comunitario, e simbolo del Mar Mediterraneo, troviamo la Berta maggiore (Calonectris diomedea). Questa specie dall’aspetto simile a un piccolo Albatros può essere effettivamente considerata un uccello marino in quanto pur nidificando sulla terraferma, la Berta trascorre la maggior parte del suo tempo in mare in cerca di cibo. Durante l’allevamento dei piccoli, gli adulti compiono ogni giorno lunghissimi viaggi per il foraggiamento, riuscendo perfino a coprire la distanza che separa Linosa dalla costa tunisina. Le Berte nidificano principalmente in piccole cavità, su rocce vulcaniche e la stagione riproduttiva va da maggio a ottobre. In inverno, invece, le Berte lasciano la costa italiana per raggiungere il Sud dell’Atlantico nell’emisfero australe. La berta maggiore è stata segnalata nel Biviere di Gela anche se le popolazioni più abbondanti sono presenti sulle isole minori in particolare a Linosa. Lo status di questo Procellariforme è in lieve decremento ha probabilmente subito un decremento a causa del regolare prelievo di uova e nella consistente nella predazione dei pulcini da parte di ratti e altri predatori.

Altre specie di particolare interesse sono la Cicogna bianca (Ciconia ciconia), la Pernice di mare (Glareola pratincola), la Ghiandaia marina (Coracias garrulus), il Tarabuso (Botaurus stellaris), la Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), la Nitticora (Nycticorax nycticorax), l’Airone bianco maggiore (Ardea alba), la Spatola, (Platalea leucorodia), il Biancone (Circaetus gallicus), di cui esiste una piccola popolazione sedentaria, il Falco di palude (Circus aeruginosus), purtroppo minacciato dalle uccisioni illegali, il Grillaio (Falco naumanni), la cui popolazione è in lieve declino sempre a causa d del bracconaggio, il Piviere dorato (Pluvialis apricaria), la Pittima reale (Limosa limosa), il Chiurlo maggiore (Numenius arquata) l’Upupa (Upupa epops) e il Pettazzurro (Luscinia svecica). Notevole anche la presenza di numerosi fringillidi, quali il Fringuello (Fringilla coelebs), il Cardellino (Carduelis carduelis), il Verzellino (Serinus serinus) e il Verdone (Carduelis chloris).

Interessante è anche la presenza del Pollo Sultano (Porphyrio porphyrio), specie considerata quasi minacciata, estinto intorno al 1960 è stato reinserito trent’anni dopo, oggi si evidenzia la spontanea tendenza di questa specie ad occupare tutti gli ambienti umidi idonei della Sicilia.

Per quanto riguarda i rettili troviamo la Tartaruga marina comune (Caretta caretta), la Tartaruga di terra (Testudo hermanni) e il Colubro leopardino (Zamenis situla), mentre tra gli anfibi vi è la presenza del Discoglosso (Discoglossus pictus), il Rospo smeraldino (Bufo viridis) e il Rospo comune (Bufo bufo).

Il sito è di notevole importanza anche per la presenza di fauna invertebrata come ad esempio le bellissime libellule inserite nella Direttiva Habitat quali Brachythemis leucosticta e Coenagrion mercuriale nota come Azzurrina di Mercurio; quest’ultima in particolare è classificata come specie prossima alla minaccia di estinzione secondo la lista rossa IUCN. I maschi di Azzurrina di Mercurio sono facilmente riconoscibili in quanto presentano, sul secondo segmento addominale, un disegno che ricorda l’elmo di Mercurio, da cui prende origine il nome scientifico. Vi sono altri insetti di interesse comunitario tra cui troviamo numerosi coleotteri come  Aeoloderma crucifer, Agapanthia maculicornis davidi, Anoxia scutellaris argentea, Calicnemis latreillei e il bellissimo endemico Cicindela campestris siculorum dal colore verde brillante.

Vallata del Fiume Ippari (Pineta di Vittoria)

Il percorso nella terza tappa attraversa l’ambito dei monti Iblei, e qui si passa nella cava di Ispica, sita in una interessante valle fluviale di indubbio valore naturalistico: essa conserva vari aspetti di vegetazione rupestre con elementi rari ed endemici e boschi termofili di leccio. In un panorama molto antropizzato rappresenta un’area e nidificazione e di rifugio per numerose specie di vertebrati ed invertebrati.

La Valle dell’Ippari ricade nei territori dei comuni di Vittoria, Ragusa e Comiso ed è caratterizzata da sabbie poco evolute, da terre rosse dilavate e limi di origine alluvionale. I substrati sono calcareniti, calcari, marne (trubi), argille e gessi, in cui si origina una vegetazione particolare costituita principalmente da un sottobosco di Rosmarino, Timo e Lentisco seguita da un bosco di Pini d’Aleppo (Pinus halepensis 9540). Quest’ultima specie non è rara lungo la Valle del Fiume Ippari e caratterizza il sito per essere uno dei pochi luoghi in Sicilia ospitante una pineta naturale. L’area della riserva conta anche di Pioppi, Salici e Salicone, Olivastro e Carrubo. Spostandosi verso il mare, troviamo la Quercia spinosa (Quercus coccifera), il Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus 2250), la Ginestra bianca (Retama raetam), la Palma nana (Chamaerops humilis 5330) e diverse specie di orchidee. Il sito data la biodiversità elevatissima riveste un valore notevole. Sorprendente, infatti, è il numero di specie vegetali rare, endemiche e di significato fitogeografico come Loeflingia hispanica, Cistus clusii, Ophrys calliantha.

Per quanto riguarda la fauna e in particolare l’avifauna, segnaliamo la presenza del Martin pescatore (Alcedo atthis), un uccello di piccole dimensioni di colore azzurro con iridescenze verdi. Il Martin pescatore è solito predare piccoli pesci che individua stando fermo su un ramo, sebbene a volte, sia stato osservato fare lo “spirito santo” sugli specchi d’acqua al fine di individuare la presenza di eventuali prede sul fondo. Tra le altre specie di interesse comunitario troviamo anche il Gruccione comune (Merops apiaster) dal piumaggio variopinto, l’Aquila minore (Hieraaetus pennatus) la Marzaiola (Anas querquedula), l’Occhione (Burhinus oedicnemus), la Volpoca (Tardona tardona), la Ghiandaia (Garrulus glandarius), il Cardellino (Carduelis carduelis), il Verzellino (Serinus serinus). Il sito ospita anche diversi mammiferi, spicca la presenza del Quercino (Eliomys quercinus), un piccolo roditore molto agile che ama saltare e arrampicarsi sugli alberi, la Donnola (Mustela nivalis), dal corpo snello ricoperto da un manto soffice di colore fulvo sul dorso e grigio bianco sul ventre e la Martora (Martes martes), anch’esso ricoperto da un mantello folto e morbido, sul dorso giallognolo marrone o marrone scuro. Di particolare interesse anche l’entomofauna, caratterizzata dalla presenza di diversi ordini come coleotteri, lepidotteri, ortotteri e ditteri. Sono facilmente osservabili le cosiddette api solitarie ovvero impollinatori che non vivono in un alveare, ma fondamentali per l’intero ecosistema. In particolare, è possibile trovare l’apoideo Osmia kohli e l’ape legnaiola (Xylocopa violacea), dalla livrea nero-viola cangiante. Le femmine della Xylocopa depongono le uova in gallerie scavate nel legno tenero, formando delle cellette separate. Ogni celletta ospiterà un singolo uovo e una riserva di polline e nèttare.

Vendicari

La fine della terza tappa e l’inizio della quarta attraversano la parte costiera nei dintorni di Siracusa: questa zona, oltre a presentare una forte propensione all’agricoltura, anche intensiva (con la presenza di impianti di serre che arrivano anche fino alle spiagge), ha subito negli ultimi anni una forte e incontrollata pressione insediativa, ad eccezione delle residue zone umide sfuggite alle bonifiche della prima metà del secolo e oggi tutelate come riserve naturali. Si tratta dei pantani di Morghella, Marzamemi, Punta Pilieri e Vendicari (detti anche Pantani della Sicilia sud-orientale), che costituiscono ambienti e paesaggi particolari, sedi stanziali e di transito di importanti specie dell’avifauna e di specie botaniche endemiche rare. Questa fascia costiera è caratterizzata da un alternarsi di cordoni dunali e affioramenti rocciosi, e depressioni palustri salmastre nella porzione retrodunale, soggette a periodiche sommersioni da parte di acque meteoriche mescolate a quelle marine che arrivano per infiltrazione attraverso il cordone sabbioso o durante le mareggiate. Queste particolari condizioni favoriscono la presenza di vegetazione psammofila (1210), adattata a vivere su suoli sabbiosi, e alofila cioè adattata a suoli salati (1410). Vendicari, in quanto “zona umida costiera”, è ricca di acque, ma ad alto tenore di salinità. In questo ecosistema possono vivere solo quegli organismi vegetali e animali in grado di adattarsi a tale ambiente. Pertanto, troveremo piante come il ginepro, le tamerici e le salicornie (1310) che con la riduzione delle superfici fogliari minimizzano la traspirazione e la perdita d’acqua. Procedendo dal mare verso l’interno troveremo le seguenti specie: il Limonium syracusanum, Limonium virgatum, cespugli di Timo (Thymus capitatus), la Palma nana (Chamaerops humilis 5330), Salicornia emerici e Ruppia maritima.

Il complesso di Pantani della Sicilia sud-orientale per la sua posizione riveste un ruolo molto importante per le migrazioni degli uccelli: in queste aree vengono registrate le massime presenze per la Sicilia di Ardeidi e Scolopacidi, e abbondante è anche il passaggio di Anatidi.

Numerose infatti sono le specie di uccelli che sostano nella Riserva prima di ripartire per il Nord Europa come l’Airone Cenerino (Ardea cinerea), la Cicogna (Ciconia ciconia), il Fenicottero (Phoenicopterus roseus) e il Germano reale (Anas platyrhynchos). Un’altra specie che assume una rilevanza notevole in termini numerici è la Volpoca (Tadorna tadorna), diventata uno dei simboli della riserva, che sverna ogni anno a Vendicari. Tra le specie nidificanti troviamo il Tuffetto (Tachybaptus ruficollis), il Tarabusino (Ixobrychus minutus) e il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus). Per quanto riguarda i rettili è possibile incontrare il Biacco (Hierophis viridiflavus), il Colubro leopardino (Zamenis situla) e la Tartaruga palustre siciliana (Emys trinacris). Inoltre, dopo oltre 20 anni sono finalmente tornate a nidificare le tartarughe marine della specie Caretta caretta.

Anche a Vendicari l’entomofauna è particolarmente ricca di apoidei solitari quali Osmia andrenoides, Osmia kohli, Osmia latreillei iberoafricana, Osmia signata e Osmia versicolor corrusca e diversi coleotteri tra cui la specie endemica Polyphylla ragusae e le due cicindele Lophyra flexuosa circumflexa e Calomera littoralis nemoralis. La modalità di accoppiamento dei coleotteri cicindeline è abbastanza caratteristica: il maschio afferra la femmina con le mandibole, grazie anche a degli speciali solchi, immobilizzandola e restando in questa posizione per lunghi periodi. In questa fase l’animale è particolarmente vulnerabile ai predatori come mammiferi e uccelli.

Tra i mammiferi troviamo l’endemico toporagno siciliano (Crocidura sicula), un vorace predatore di piccole dimensioni che si nutre principalmente di aracnidi, lombrichi, ortotteri, lepidotteri e coleotteri, ma a volte anche di carcasse di piccoli vertebrati quali roditori e rettili. Nonostante secondo la IUCN red list sia classificata come una specie a basso rischio estinzione, questo piccolo mammifero è molto sensibile alle attività umane legate all’agricoltura ed allo stato di salute del suolo. In particolare l’impoverimento dell’entomofauna dovuta all’intensificazione agricola ed industriale minaccia la sua sopravvivenza. Altri mammiferi presenti in Riserva sono il Quercino (Eliomys quercinus), l’Istrice (Hystrix cristata) e la Donnola (Mustela nivalis).

Cava Grande del Cassibile

La Riserva di Cavagrande del Cassibile ricade nei territori di Noto, Avola e Siracusa. Il sito include gran parte del bacino idrografico del Fiume Cassibile, presso Avola. Questo corso d’acqua occupa il fondo di una profonda e spettacolare valle caratterizzata da estese pareti rocciose. I substrati sono costituiti essenzialmente da calcari miocenici fortemente condizionati da fenomeni carsici. Lungo il fondo valle si osservano numerosi laghetti e piccole cascate. La vegetazione naturale è rappresentata soprattutto da praterie 6220 ad Ampelodesmos mauritanicus  (la cosiddetta Disa, anticamente usata per lavori artigianali), da garighe e rosmarino. La flora è tipica della macchia boschiva ripariale, caratterizzata da Salici (Salix sp. 92A0), Pioppi bianchi (Populus alba) o neri (Populus nigra), Tamerici comuni (Tamarix gallica) e Frassini meridionali (Fraxinus angustifolia). Le pareti rocciose ospitano una vegetazione casmofila molto specializzata e ricca di specie endemiche e rare. Tre le specie di particolare interesse comunitario troviamo la Salvia triloba (Salvia fruticosa), il Salvione giallo (Phlomis fruticosa) e la Ferula nodosa (Ferulago nodosa) e inoltre il sito ospita ben ventiquattro specie di orchidee, tra cui la più rara Ophrys lunulata.

La fauna vertebrata non presenta emergenze faunistiche di particolare rilievo ad eccezione di alcuni uccelli. La cava rappresenta per molti Vertebrati un sito di rifugio e nidificazione, consentendo la sopravvivenza e la riproduzione di specie come l’Istrice (Hystrix cristata), la Martora (Martes martes), la Lepre italica (Lepus corsicanus), numerosi Rapaci diurni e notturni, la Testuggine terrestre (Testudo hermanni), l’endemica Testuggine palustre (Emys trinacris), il Colubro leopardino (Zamenis situla), la Vipera (Vipera aspis) e la Raganella italiana (Hyla intermedia).

Ricchissima è la fauna invertebrata con numerose specie endemiche e/o rare. Segnaliamo la presenza di numerosi insetti apoidei solitari appartenenti al genere Osmia e Andrena, spesso coinvolti nell’impollinazione di diverse specie di orchidee. Le Andrena prediligono solitamente territori sabbiosi, in cui sono solite scavare le loro tane, in vicinanza di alberi o arbusti che possano proteggerle dal calore eccessivo o dal gelo.

Da rilevare, infine, la presenza della rara Trota macrostigma (Salmo trutta macrostigma), infatti, il fiume Cassibile rappresenta uno dei pochi siti noti per la Sicilia che la ospita.

Saline di Siracusa e Fiume Ciane

La riserva è stata istituita con un decreto dell’assessorato del Territorio Ambiente della Regione Siciliana nel 1984, ed è orientata alla salvaguardia del papiro egiziano (Cyperus papyrus ssp. siculus) lungo il corso del fiume Ciane ed alla conservazione dell’ambiente delle Saline. Sull’origine del Papiro in Sicilia ci sono due ipotesi: una ritiene che sia una specie introdotta in epoche antiche e poi naturalizzata, l’altra ipotesi è che sia una specie autoctona di questo sito. Uno studio sui dati linguistici relativi al papiro ha evidenziato che nessuno dei nomi dialettali usati in Sicilia è di origine araba. Alcuni sono quindi, a sostegno della ipotesi che le popolazioni siciliane di papiro siano autoctone. Note della presenza del papiro in Sicilia sono risalgono già al III secolo a.C. Geologicamente l’area è caratterizzata da depositi fluviali limoso-argillosi e da uno stretto cordone dunale sabbioso. All’interno del sito è presente un’area palustre costiera delineata da acque salmastre e due corsi d’acqua perenni rappresentati dall’intero Fiume Ciane. Lungo il corso d’acqua, oltre al Papiro, sono presenti formazioni a idrofite sommerse e galleggianti. Lungo le sponde del fiume è presente anche la Salcerella (Lythrum salicaria), una pianta medicinale e officinale acquatica dai fiori rosa. La salcerella fu impiegata in passato per le proprietà astringenti contro la dissenteria e durante la Prima guerra mondiale fu inoltre utilizzata dalle truppe tedesche nella terapia della febbre da tifo.

Le aree palustri sono salmastre e caratterizzate da una vegetazione alofila (1150) piuttosto ricca e diversificata con associazioni annuali e perenni. La maggior parte del sito è inoltre interessata da coltivazioni sia erbacee che legnose, in particolare da agrumeti.

Per quanto riguarda la fauna e in particolare l’avifauna, alcune specie legate al litorale come il Fratino (Charadrius alexandrinus), la Pittima minore (Limosa lapponica) e la Pivieressa (Pluvialis squatarola) hanno subito la riduzione del proprio spazio vitale a causa delle regressioni del litorale e dall’accumulo di rifiuti da parte dell’uomo. Le Saline, come pure le zone fluviali, oltre al valore floristico rivestono dunque un certo interesse in quanto area di sosta e nidificazione per l’avifauna stanziale e migratoria. Tra le altre specie di particolare interesse ricordiamo l’Airone cenerino (Ardea cinerea), la Garzetta (Egretta garzetta), il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), il Porciglione (Rallus aquaticus), la Folaga (Fulica atra), l’Alzavola (Anas crecca), il Fischione (Anas penelope), il Cigno reale (Cygnus olor), il Fenicottero (Phoenicopterus roseus), la Spatola (Platalea leucorodia) e il Falco pescatore (Pandion haliaetus). Numerose anche le specie rare come la Sterna di Ruppell (Thalasseus bengalensis) sporadicamente segnalata, il Piro-piro del terek (Xenus cinereus) e il Falaropo beccosottile (Phalaropus lobatus). Altri Vertebrati di grande importanza sono i numerosi anfibi come il Discoglossus pictus, Hyla intermedia, la Rana verde (Pelophylax lessonae) e il Rospo smeraldino siciliano (Bufotes boulengeri siculus).

Vi sono inoltre diversi endemismi per quanto riguarda gli invertebrati come il Tricottero Athrypsodes taounate siculus e l’apoideo Bombus pascuorum siciliensis.

Oasi del Simeto

Nella tappa di Catania, si attraversano le principali aree umide della piana di Catania, che ospitano dei nuclei nidificanti di Anatidi e Ardeidi tra i più importanti della Sicilia. Queste aree sono rappresentate dagli invasi dei fiumi Simeto e Lentini: mentre per il primo le condizioni ambientali in questi ultimi anni sono rimaste abbastanza stabili, per il secondo la situazione è gradualmente peggiorata negli anni. Il Biviere di Lentini, infatti, sebbene fosse un invaso artificiale, in passato ha rappresentato il sito più importante di nidificazione e di passo dell’intero comprensorio catanese e fra i più importanti della Sicilia; a partire dalla fine degli anni ‘90 e nei primi anni del 2000 si è assistito ad un progressivo ed inesorabile innalzamento del livello d’acqua, che ha sensibilmente assottigliato le presenze delle specie sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

La Riserva è situata alla foce del fiume Simeto, da cui prende nome, nella piana di Catania. Il territorio si presenta caratterizzato da complessi dunali costieri, da zone umide retrodunali, da corsi d’acqua di medie e grosse portate e zone di foce. Dal punto di vista geologico, l’area si presenta caratterizzata prevalentemente da argille, sabbie alluvionali e sabbie litorali. Il cordone dunale presenta un complesso di dune consolidate dalla tipica vegetazione psammofila (1210). La vegetazione è principalmente costituita dalla Salsola erba-cali (Salsola kali), dell’Euforbia delle spiagge (Euphorbia peplis), dal Poligono marittimo (polygonum maritimum) e dalla Nappola italiana (Xanthium italicum). Le prime dune riescono a consolidarsi grazie alla presenza di specie perenni come la Violaciocca sinuata (Matthiola sinuata) e la Santolina delle spiagge (Otanthus maritimus).

Nelle zone umide salmastre retrostanti il cordone dunale si insedia una vegetazione alofila perenne a Sarcocornietea (1420) e  elofite degli Juncetea maritimi (1410). Tra le specie botaniche presenti in Direttiva Habitat troviamo ad esempio il Giglio di mare (Pancratium maritimum) e la Pannocchia delle saline (Aeluropus lagopoides), una pianta erbacea perenne costituita da una spessa cuticola e da ghiandole che possono espellere il sale in eccesso.

L’Oasi del Simeto è una zona umida estremamente importante ed è soprattutto legata alla presenza di uccelli nidificatori come la Moretta tabaccata (Aythya nyroca), che risulta in declino in molti paesi europei ed è classificata secondo la IUCN italiana come specie in pericolo a causa soprattutto della trasformazione dell’habitat di nidificazione e alimentazione, dal disturbo antropico e dal prelievo venatorio.

La zona umida è inoltre, importante per la presenza di uccelli migratori come l’Ibis eremita (Geronticus eremita), la Spatola (Platalea leucorodia) e diversi svernatori. Si possono annoverare circa esemplari di 20.000 specie di uccelli acquatici, in particolare il Combattente (Calidris pugnax), la Pettegola (Tringa totanus), il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), il Cormorano (Phalacrocorax carbo), il Tarabusino (Ixobrychus minutus) e la Nitticora (Nycticorax nycticorax). Nelle zone dei laghi Gornalunga e Salatelle si possono incontrare ad esempio l’Airone rosso (Ardea purpurea), l’Oca selvatica (Anser anser), la Pavoncella (Vanellus vanellus), il Piviere dorato (Pluvialis Apricaria).

Sporadiche segnalazioni sono state fatte per la Sgarza Ciuffetto (Ardeola ralloides)  che ha iniziato a riprodursi proprio nel Simeto  a partire dagli anni 80, ma la popolazione nel complesso è rimasta modesta ed ha occupato pochi siti riproduttivi. Generalmente associata ad altri ardeidi, come per questi, la modificazione degli habitat di nutrizione e riproduzione costituisce una minaccia alla sua sopravvivenza. Di particolare interesse è la presenza nel Simeto dell’Airone rosso (Ardea purpurea)

che si è stabilizzato alla foce del fiume, mentre è pressochè assente nel resto dell’isola.  Anche il mignattaio (Plegadis falcinellus) ha  scelto l’oasi del Simeto come primo luogo di nidificazione in Sicilia. Questa specie è elencata in Allegato I della Direttiva Uccelli (79/409/CEE). Specie oggetto di tutela secondo l’Articolo 2 della Legge 157/92. L’oasi del Simeto rappresenta davvero un oasi per questo Ciconiforme che in Italia conta meno di venti coppie nidificanti.

Per quanto riguarda la presenza di Mammiferi, oggi alquanto limitata a causa dell’impatto antropico, è possibile osservare la Donnola (Mustela nivalis), la Lepre italica (Lepus corsicanus), l’Istrice (Hystrix cristata), il Riccio comune (Erinaceus europaeus) e la Crocidura siciliana (Crocidura sicula). Quest’ultima specie detta anche toporagno mostra un discreto grado di commensalismo, poiché è stata catturata anche in abitazioni cittadine in piccoli centri abitati, cantine e case di campagna. L’agricoltura intensiva e l’uso di biocidi possono essere un fattore limitante la sua presenza e densità. Sparisce dagli ambienti della macchia mediterranea incendiati, ma li ricolo- nizza dopo 30-36 mesi.

L’Oasi del Simeto assume particolare rilievo anche per la presenza di altri Vertebrati come i Rettili: il Colubro leopardino (Zamenis situla), la Natrice dal collare (Natrix natrix), il Ramarro (Lacerta viridis), la Lucertola siciliana (Podarcis wagleriana), la Caretta caretta, la Testugine di Herman (Testudo hermanni). Quest’ultima, in pericolo secondo la lista rossa IUCN a causa principalmente della distruzione e l’alterazione dell’habitat. Essa è molto vulnerabile agli incendi, all’intensificazione dell’agricoltura e alle attività turistiche. Altre gravanti sono il prelievo in natura a cui, purtroppo la specie è soggetta per scopi amatoriali e commerciali e, infine, l’ibridazione con esemplari introdotti in natura come la sottospecie balcanica Testudo hermanni boettgeri.

Vi sono poi altre tre interessanti specie: (Emys trinacris), il Gongilo (Chalcides ocellatus) e la Luscengola (Chalcides chalcides).

In Riserva sono inoltre presenti diversi endemismi per quanto riguarda gli insetti, come ad esempio il coleottero Polyphylla ragusae, appartenente alla Famiglia Scarabaeidae. Quasi tutti gli insetti appartenenti al genere Polyphylla presentano un dimorfismo sessuale abbastanza evidente: i maschi sono caratterizzati da vistosi ventagli sulle antenne mentre le femmine riportano delle dentellature sul primo paio di zampe. Questo coleottero è particolarmente legato ad ambienti retrodunali, ma attualmente la specie è scomparsa da molte località a causa dei gravissimi dissesti ecologici e dal forte impatto antropico.